Dentro i vecchi vicoli
Il Tirreno è a un tiro di fucile o poco più. Per arrivare a Paola si può anche scendere dalla montagna per la vecchia strada del passo della Crocetta, che taglia in solitudine la catena costiera. La più trafficata Statale 107 coast to coast, presa da San Fili in direzione Cosenza e mar Jonio, attraversa i monti della Sila Grande e termina a Crotone nei territori marini della Magna Grecia. Naturalmente la Magna Grecia era anche sulle montagne che avvolgono San Fili e che ci sembrano più belle dalla frazione Bucita, isolata, come oggi, in un grumo di nuvole.
In questa Calabria che desidera disperatamente il mare, tanto da aver disseminato di costruzioni orrende la linea costiera anelata dai coloni greci, sia tirrenica sia jonica, sta San Fili. Non il solito villaggio «caro estinto», da dove si pensa solo a emigrare, ieri come oggi: c’è invece la volontà di riaffermare un’identità cui concorrono radici che affondano nell’epos mediterraneo, nel melting pot magnogreco dove ai Brutii e ai Lucani sono succedute genti di Sibari, Crotone, Thurii, Acheruntia.
In silenzio, oltre il vetro delle case, le persone sembrano guardare in un vuoto di prospettive. Eppure qualcosa si muove in questa Calabria profonda: c’è più attenzione verso il patrimonio architettonico e urbanistico, e maggior consapevolezza della ricchezza potenziale del territorio agrario, da cui fino a qualche decennio fa si ricavavano in abbondanza olio d’oliva, fichi, castagne, formaggi, insaccati. Nei secoli passati San Fili aveva anche un’attività industriale: nell’Ottocento vi operavano cinque filande impiegando più di un centinaio di donne.
Una lunga storia di feudalità ha inchiodato questo paese, come altri centri storici calabresi, all’immobilismo. Ma, nei travagli, una fede viva ha lasciato diversi edifici di culto, a partire dalla Chiesa Madre progettata da un allievo di Luigi Vanvitelli. Documentata già nel 1304, la chiesa fu ricostruita con facciata barocca tra il 1748 e il 1802, periodo a cui risalgono il coro e i confessionali scolpiti e intarsiati da falegnami locali. All’interno si nota anche la statua lignea dell’Immacolata, opera di scuola napoletana del XVII secolo.
La lavorazione artistica del legno si fa apprezzare anche nella chiesetta dello Spirito Santo per il busto di San Francesco, opera barocca di ambiente napoletano, e per gli scranni settecenteschi posti lungo le pareti. E per il soffitto in travi di legno della piccola chiesa di origine rinascimentale di Sant’Antonio Abate, fuori del centro storico.
Una storia particolare ha la chiesa del Ritiro, ampliata dalla confraternita dei frati minori nel 1612. Anch’essa ha un crocifisso in legno del Seicento, ma soprattutto ospita una statua di marmo raffigurante la Madonna degli Angeli, pregevole opera della scuola del Gagini di Palermo (1626). La scultura sarebbe arrivata a San Fili grazie al concittadino don Aquilante Rocchetta, «cavaliere del Santo Sepolcro», titolo di cui fu insignito dopo il suo pellegrinaggio in Terra Santa, iniziato da Messina nell’ottobre 1598 e concluso a Palermo nel settembre 1599. Il diario di viaggio del Rocchetta, pubblicato a Palermo nel 1630, è un’interessante descrizione dei luoghi e dei monumenti visitati, degli usi e costumi incontrati, e delle città toccate lungo rotte garantite dalla Repubblica di Venezia, da Zante a Creta, da Cipro ad Aleppo, da Damasco a Gerusalemme.
Il Mediterraneo impresso negli occhi del viaggiatore calabrese ritorna nella conformazione urbanistica e nei vicoli del borgo. Dentro le case risuonano i passi sul vecchio ciottolato, e si chiude a chiave il proprio cuore. Un anziano cammina lento nel vico Cozzo di Jorio, figurina di un film sul Sud sempre uguale. La sera, un gatto nero illuminato da un vecchio lampione, aspetta il passante in cima al vico di piazza San Giovanni. La sera è dolce in questi vicoli, dove non si fa caso alla pavimentazione malmessa, all’anarchia dei fili aerei, delle saracinesche e delle macchine incastrate in parcheggi impossibili. Tutto si attenua rispetto al giorno: non solo il rumore, ma anche il battito del cuore che sale lieve questi gradini.

Dove mangiare
Il Casale
Via Gramsci
Tel: +39.0984.642198
Tipico casale trasformato in trattoria alla buona, dove a buon prezzo si incontra la tradizionale cucina calabrese. Consigliamo i fusilli con sugo di pomodoro alle costine di maiale o d’agnello, l’agnello al forno o in umido speziato con erbe aromatiche (origano, lauro, finocchietto selvatico) e, per contorno, le patate mpacchiuse con fughi porcini o asparagi selvatici.

Dove dormire
B&B Antica Calabria
Via S. Antonio Abate, 34
Tel: +39.389.0335149
A circa mezz’ora di strada dal mar Tirreno e dalle montagne della Sila, circondato da boschi di castagni, il borgo di San Fili può essere una scoperta per viaggiatori curiosi. Le camere di questo B&B, arredate semplicemente, portano ognuna il nome di un calabrese famoso: il pittore Mattia Preti, il musicista Alfonso Rendano, il filosofo Bernardino Telesio. D’altronde, siamo a 8 km dalla sede dell’Università della Calabria.