La regina d’Aspromonte
La Calabria è terra di montagne e di acque. Ci lasciamo alle spalle paesi informi e sgangherati, spenti lentamente dallo spopolamento, ed entriamo nell’Aspromonte selvaggio. I boschi sono secchi per l’estate torrida e incendiaria, le fiumare che d’inverno scendono impetuose a mare formando gole e cascate, sono ora impercettibili strade deserte. Tra i boschi delle Serre e le pinete del versante jonico, tra le selve e l’oscura Locride, curva dopo curva, arriviamo a Gerace, la regina dell’Aspromonte, il suo borgo più bello.
In piazza delle Tre Chiese i bambini giocano a pallone, incuranti del vento di scirocco. A 500 metri d’altitudine, la rupe su cui si posò il leggendario sparviero sembra una lontana altura del ricordo. Lo Jonio sfuma in trasparenze azzurrine, mentre immaginiamo gli abitanti di Locri abbandonare – tra VII e VIII secolo – la marina della città magnogreca, per l’impaludamento della costa e le incursioni dei pirati, e cercare in alto un posto più sicuro, guidati dal rapace, jerax in greco, che avrebbe dato nome al borgo. Più probabile, invece, che Gerace abbia un nome bizantino: Aghia Kiriaki, Santa Ciriaca, cui era dedicata la diocesi di Locri.
L’incredibile concentrato artistico di chiese e palazzi (tradizione vuole che le chiese fossero un centinaio) si prolunga nelle stradine, nelle piazzette, negli archi, nei sottopassi, nei ricchi portali, riservando splendidi scorci e sorprese qui e là, come le bifore moresche della Casa Catalana o, nel quartiere Borgo, le botteghe dei vasai scavate nella roccia. Peccato che tanta bellezza sia disturbata dal viavai delle automobili nel centro storico. Si può andare in ordine sparso incontro ai monumenti più significativi, seguendo solo le suggestioni che nascono dal puro sguardo. Subito l’occhio si posa sul superbo impianto absidale della cattedrale, consacrata nel 1045 e riconsacrata nel 1222 alla presenza dell’imperatore Federico II. Il primitivo stile romanico-normanno ha subito rimaneggiamenti e rifacimenti, ma resta intatto il fascino delle origini nell’impianto basilicale, con una parte costruita sulla nuda roccia e una parte su una cripta a croce greca forse dell’VIII secolo. All’interno le colonne di marmo in doppia fila che dividono le navate si dice provengano dai templi della Magna Grecia. I bagliori barocchi della Gerace secentesca che nella cattedrale fanno capolino negli altari, esplodono nel fastoso altare maggiore della chiesa di San Francesco, edificio gotico del 1252 con splendido portale ogivale in stile arabo-normanno di epoca sveva. La luce orientale di Bisanzio emana dalla chiesetta di San Giovannello (XI secolo) sommessa e austera. Su piazza delle Tre Chiese affaccia anche l’ottocentesco edificio del Sacro Cuore. Parla di una grecità ancora viva la chiesa di Santa Maria del Mastro, di impianto bizantino (un’iscrizione greca la data al 1084) sebbene sorta dopo il consolidamento del potere normanno.
Si arriva al castello salendo dalla chiesa di San Francesco e attraversando il Baglio, uno spiazzo con vista sulla vallata. Edificato dai Bizantini su strutture preesistenti (nel 950, quando essi presero Gerace, esisteva già), il castello aveva fortificazioni che cingevano tutta la rupe. Il terremoto del 1783 gli ha dato il colpo di grazia.

Dove mangiare
Asquella
Via della Resistenza 8
Tel: +39.0964.356086
Terrazza panoramica sulla costa di Locri, ricco antipasto con salumi e formaggi locali, pasta fresca fatta in casa.

Dove dormire
La Rupe
Via Sottoprefettura 8
Tel: +39.328.6562583 – +39.347.0873317
Accogliente B&B ricavato dal recupero di un palazzo nobiliare. Splendido giardino con vista sul litorale jonico, colazione abbondante e simpatia dei proprietari.