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TREBISACCE

Cosenza

Le arance tardive

Andiamo a Trebisacce, greca a partire dal nome (da trapezakis, «tavola», perché posta su un tavolato), borgo dell’Alto Jonio vicino al mare e ben visibile da esso, e per questo munito di robusti bastioni innalzati nel XVI secolo. La costa era preda della malaria e battuta fino al Settecento dai pirati saraceni, i cui capi spesso erano cristiani catturati da piccoli e convertiti all’islam: memorabile l’assalto subito da Trebisacce nel 1576 da parte di un’intera armata turca.

Lasciamo in fretta la marina con le sue costruzioni disordinate e saliamo al borgo alto, tra fili aerei di bucato che tagliano balconi e donne sedute davanti all’uscio a ricamare. Qui, tutto è tranquillo. Un artigiano costruisce tamburelli sotto lo sguardo dei passanti: il suo laboratorio è la strada. Le lenzuola si gonfiano al vento che sale dal mare e disegnano ombre sulle pareti calcinate. Le case basse, senza pretese, sposano la cultura marinara con quella contadina, di cui si conserva memoria nel Museo dell’arte olearia in via dei Massari (già via dei Frantoi). La piazzetta del Cannone si presta a inquadrature nostalgiche: alla fontana venivano le donne a prendere acqua e gli animali a dissetarsi – e dove c’erano donne c’era amore. La chiesa madre di San Nicola di Mira, di origine bizantina (XI secolo), esibisce la sua cupola a cerchi di coppi concentrici e il campanile basiliano sormontato da una svettante cuspide. Pregevole il crocefisso di legno di pioppo di incerta datazione, forse quattrocentesco.

Delle quattro porte del sistema difensivo solo una è rimasta intatta, la porta dell’Annunziata. Si arrivava in paese al termine di una lunga scalinata, dondolando a mezz’aria per la fatica di salire. Tutto quello che si è perso nel tempo, nelle case  e  nei  mestieri  abbandonati, lo si recupera lasciando splendere il sole sull’arancia tardiva, che matura fino in estate. Nei giardini e negli agrumeti ai piedi del Pollino, dove un tempo si coltivava la vite con vista mare, oggi matura senza concimi chimici il «biondo di Trebisacce», arancia non bella ma buona.

Le antiche origini di Trebisacce si scoprono nel sito archeologico del Broglio, dove sono ricostruite le capanne degli Enotri, i primi abitanti. Il luogo visse mille anni di relativa tranquillità (circa 1700 – 710 a.C.) prima di essere avvistato dai naviganti micenei e divenire greco. I coloni che fondarono Sibari portarono probabilmente le tecniche per lavorare il ferro e per realizzare con il tornio vasi di ceramica dipinta. Ma l’olio d’oliva no: gli Enotri lo conoscevano già. Ne resta traccia nelle cinque grandi anfore che si sono conservate.

Dove mangiare

Trattoria del Sole

Via Piave 14

Tel: +39.0981.51797
Sito web: www.latrattoriadelsole.it

Risotto alla pescatora, zuppetta di cozze, grigliate e fritture: il mare cucinato con il cuore.